Sputi all’alunno per punizione: la scriminante del “role play” non funziona
Con la sentenza 18 ottobre 2021, n. 37642, la Corte di Cassazione penale si è pronunciata su un ricorso, proposto da un’insegnante della scuola primaria, avverso la sentenza con cui la Corte d’appello aveva confermato la condanna di primo grado per il reato di abuso dei mezzi di correzione e disciplina.
IL CASO
Un’insegnante veniva condannata dai giudici di merito per il reato di cui all’articolo 571 del codice penale, per aver abusato dei mezzi di correzione e disciplina in quanto aveva obbligato un alunno, “che durante la lezione di educazione motoria aveva continuato a sputare per terra e verso i presenti, a subire a sua volta l’umiliazione di essere bersaglio di sputi da parte di altri suoi compagni di classe, così provocando al bambino un forte turbamento e pianto”.
Tra i vari motivi di impugnazione, la difesa contestava la ritenuta sussistenza dell’elemento soggettivo richiesto dalla fattispecie criminosa contestata, posto che, nel caso di specie, all’imputata non poteva contestarsi l’azione dolosa in quanto si era mossa nella sicura convinzione che la sua condotta rientrasse nei limiti dello ius corrigendi e in applicazione del metodo educativo c.d. “role play”, che conosceva ed aveva applicato in altri contesti.
LA DECISIONE
La Suprema Corte ha ribadito il principio secondo cui integra il reato di abuso dei mezzi di correzione o di disciplina il comportamento dell’insegnante che faccia ricorso a qualunque forma di violenza, fisica o morale, ancorché minima ed orientata a scopi educativi; per i giudici di legittimità, la convinzione di agire nel rispetto dei principi e delle linee operative di un metodo educativo, ancorchè ampiamente diffuso, non esclude il reato in quanto il fine educativo non fa venir meno l’elemento soggettivo richiesto dalla norma, ossia la piena consapevolezza e volontà di porre in essere un abuso dei mezzi di correzione e di disciplina.
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