La dichiarazione ideologicamente falsa non può integrare un reato se ha ad oggetto fatti futuri.

In tal senso si è espresso il G.i.p. di Milano, chiamato a decidere sulla richiesta del P.M. di emissione di un decreto penale di condanna per la violazione dell’art. 76 DPR 445/2000, in relazione all’art. 483 c.p..

Il caso: un cittadino, in data 31.3.2020, alle ore 13:30, veniva fermato da una pattuglia dei carabinieri intenta a controllare l’applicazione delle normative per il lockdown, conseguente alla diffusione pandemica da COVID-19.

Il cittadino, su richiesta dei militari, compilava l’autodichiarazione ex artt. 46 e 47 del DPR n. 445/2000 e dichiarava: “Sono titolare della XXXXXXX. Mi occupo di assistenza caldaie. Mi stavo recando in XXXXXX c/o un mio collega XXXXXX per ritirare dei pezzi di ricambio per caldaie. Poi mi sarei recato in XXXXXXXX per un lavoro. Svolgo la mia attività da solo”.

Successivamente, i carabinieri svolgevano le indagini del caso. Sentivano l’amico del cittadino fermato, il quale dichiarava che, effettivamente, il cittadino si era recato presso la sua abitazione per motivi di lavoro, ma verso le 11:30 e che questi se ne sarebbe andato un ora dopo. Il soggetto sentito dai carabinieri ha poi affermato di essere certo dell’orario perché alle ore 13:15 stava pranzando con il figlio.

Di conseguenza il Pubblico Ministero, in data 3.9.2020, richiedeva l’emissione del decreto penale di condanna perché la condotta dell’uomo fermato aveva integrato il reato previsto e punito dall’art. 483 c.p.: falso ideologico.

Con sentenza del 16.11.2020, n. 1940, il G.i.p. del Tribunale di Milano ha tuttavia assolto l’imputato ex art. 129 c.p.p., per insussistenza del fatto, ritenendo che “la dichiarazione falsa della mera intenzione di porre in essere una condotta (spostarsi per finalità consentita in periodo di limitazione della libertà di circolazione per ragioni di emergenza sanitaria) non assume rilievo penale poiché non prova e non può provare, un fatto ancora da verificarsi.”

Il giudice affronta con esemplare chiarezza il tema dell’oggetto della falsa dichiarazione suscettibile di rilevanza penale, evidenziando che oggetto della falsa dichiarazione deve essere un fatto, già avvenuto.

Allo stesso modo il magistrato lombardo evidenzia che la dichiarazione falsa (di mera intenzione) non assume valenza probatoria – e conseguentemente non integra fattispecie penali di falso dichiarativo – della verificazione del fatto futuro neppure se ‘incorporata’ in un’annotazione di P.G.. Infatti, il verbale redatto dalla Polizia Giudiziaria fa piena prova della dichiarazione resa del privato, non della futuribile verificazione dell’atto o del fatto oggetto di dichiarazione.

Nel excursus giurisprudenziale, il G.i.p. sottolinea che, in linea di principio, la prova di un fatto ne presuppone la sua preventiva realizzazione. Pertanto la falsa dichiarazione di una “mera intenzione” non può configurare il delitto di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico, disciplinato dall’art. 483 c.p..

Nella motivazione della sentenza viene evidenziato che “La dichiarazione ‘sostitutiva’ (di certificazioni) resa dall’interessato può avere ad oggetto esclusivamente <<stati, qualità personali e fatti>>: ne deriva che l’obbligo, penalmente sanzionato, di dichiarare il vero concerne unicamente ‘fatti’ passati e al più presenti, ma non certo ‘fatti’ futuri e, a fortiori, non può riguardare mere intenzioni”. (…) L’art. 483 c.p. descrive e punisce il delitto di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico, così tipizzandolo: “Chiunque attesta falsamente al pubblico ufficiale, in un atto pubblico, fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità, è punito con la reclusione fino a due anni. Se si tratta di false attestazioni in atti dello stato civile, la reclusione non può essere inferiore a tre mesi”.

L’art. 483 c.p. descrive e punisce il delitto di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico, così tipizzandolo: “Chiunque attesta falsamente al pubblico ufficiale, in un atto pubblico, fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità, è punito con la reclusione fino a due anni. Se si tratta di false attestazioni in atti dello stato civile, la reclusione non può essere inferiore a tre mesi”.

L’art. 76 DPR 445/2000 dispone che: “1. Chiunque rilascia dichiarazioni mendaci, forma atti falsi o ne fa uso nei casi previsti dal presente testo unico è punito ai sensi del codice penale e delle leggi speciali in materia. La sanzione ordinariamente prevista dal codice penale è aumentata da un terzo alla metà. 2. L’esibizione di un atto contenente dati non più rispondenti a verità equivale ad uso di atto falso. 3. Le dichiarazioni sostitutive rese ai sensi degli articoli 46 e 47 e le dichiarazioni rese per conto delle persone indicate nell’articolo 4, comma 2, sono considerate come fatte a pubblico ufficiale. 4. Se i reati indicati nei commi 1, 2 e 3 sono commessi per ottenere la nomina ad un pubblico ufficio o l’autorizzazione all’esercizio di una professione o arte, il giudice, nei casi più gravi, può applicare l’interdizione temporanea dai pubblici uffici o dalla professione e arte”.

Fin da subito emerge che oggetto della falsa dichiarazione deve essere un fatto, in quanto tale già venuto ad esistenza.

I delitti di falso tutelano la funzione probatoria di atti e fatti.

Il DPR 445/2000 contiene alla Sezione V le “Norme in materia di dichiarazioni sostitutive”.

L’art. 46 DPR 445/2000 è dedicato alle “Dichiarazioni sostitutive di certificazioni”: “1. Sono comprovati con dichiarazioni, anche contestuali all’istanza, sottoscritte dall’interessato e prodotte in sostituzione delle normali certificazioni i seguenti stati, qualità personali e fatti:

a) data e il luogo di nascita;

b) residenza;

c) cittadinanza;

d) godimento dei diritti civili e politici;

e) stato di celibe, coniugato, vedovo o stato libero;

f) stato di famiglia;

g) esistenza in vita;

h) nascita del figlio, decesso del coniuge, dell’ascendente o discendente;

i) iscrizione in albi, in elenchi tenuti da pubbliche amministrazioni;

l) appartenenza a ordini professionali;

m) titolo di studio, esami sostenuti;

n) qualifica professionale posseduta, titolo di specializzazione, di abilitazione, di formazione, di aggiornamento e di qualificazione tecnica;

o) situazione reddituale o economica anche ai fini della concessione dei benefici di qualsiasi tipo previsti da leggi speciali;

p) assolvimento di specifici obblighi contributivi con l’indicazione dell’ammontare corrisposto;

q) possesso e numero del codice fiscale, della partita IVA e di qualsiasi dato presente nell’archivio dell’anagrafe tributaria;

r) stato di disoccupazione;

s) qualità di pensionato e categoria di pensione;

t) qualità di studente;

u) qualità di legale rappresentante di persone fisiche o giuridiche, di tutore, di curatore e simili;

v) iscrizione presso associazioni o formazioni sociali di qualsiasi tipo;

z) tutte le situazioni relative all’adempimento degli obblighi militari, ivi comprese quelle attestate nel foglio matricolare dello stato di servizio;

aa) di non aver riportato condanne penali e di non essere destinatario di provvedimenti che riguardano l’applicazione di misure di sicurezza e di misure di prevenzione, di decisioni civili e di provvedimenti amministrativi iscritti nel casellario giudiziale ai sensi della vigente normativa;

bb) di non essere a conoscenza di essere sottoposto a procedimenti penali;

bb-bis) di non essere l’ente destinatario di provvedimenti giudiziari che applicano le sanzioni amministrative di cui al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231;

cc) qualità di vivenza a carico;

dd) tutti i dati a diretta conoscenza dell’interessato contenuti nei registri dello stato civile;

ee) di non trovarsi in stato di liquidazione o di fallimento (146) e di non aver presentato domanda di concordato”.

L’art. 47 DPR 445/2000 disciplina le “Dichiarazioni sostitutive dell’atto di notorietà”:

1. L’atto di notorietà concernente stati, qualità personali o fatti che siano a diretta conoscenza dell’interessato è sostituito da dichiarazione resa e sottoscritta dal medesimo con la osservanza delle modalità di cui all’articolo 38.

2. La dichiarazione resa nell’interesse proprio del dichiarante può riguardare anche stati, qualità personali e fatti relativi ad altri soggetti di cui egli abbia diretta conoscenza.

3. Fatte salve le eccezioni espressamente previste per legge, nei rapporti con la pubblica amministrazione e con i concessionari di pubblici servizi, tutti gli stati, le qualità personali e i fatti non espressamente indicati nell’articolo 46 sono comprovati dall’interessato mediante la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà.

4. Salvo il caso in cui la legge preveda espressamente che la denuncia all’Autorità di Polizia Giudiziaria è presupposto necessario per attivare il procedimento amministrativo di rilascio del duplicato di documenti di riconoscimento o comunque attestanti stati e qualità personali dell’interessato, lo smarrimento dei documenti medesimi è comprovato da chi ne richiede il duplicato mediante dichiarazione sostitutiva.”.

E’ perciò evidente che i “fatti che siano a diretta conoscenza dell’interessato” non possono che essere già venuti ad esistenza.

Ecco perciò che l’autocertificazione da parte del privato di una situazione passata (essersi recato in un dato luogo per lo svolgimento di una certa faccenda) può integrare gli estremi di un reato di falso dichiarativo solo nelle ipotesi tassativamente tipizzate dalla legge penale, tra le quali non rientra l’autocertificazione della (mera) intenzione di recarsi in un dato luogo per attendere ad un dato incombente.
La prova è evidenza di un fatto già venuto ad esistenza o tuttora esistente, ma non anche di un fatto che potrebbe ipoteticamente verificarsi.

Per il medesimo motivo le dichiarazioni rese dal privato sono insuscettibili di assumere rilievo penale per il sol fatto di essere incorporate in una annotazione di Polizia Giudiziaria, dal momento che il verbale costituisce prova del fatto che le dichiarazioni sono state rese e non anche prova dei fatti cui le stesse dichiarazioni si riferiscono.