Ai fini dell’opponibilità di una servitù ai terzi, successivi acquirenti (a titolo gratuito od oneroso) del fondo servente, deve essere presa in considerazione – ai sensi dell’art. 2659, comma 1, n. 2) c.c. – soltanto la conoscibilità legale, desumibile dal contenuto della nota di trascrizione del contratto che della servitù integra il titolo, dovendo dalla stessa risultare l’indicazione del fondo dominante e di quello servente, la manifestazione della volontà delle parti di gravare un fondo del diritto di servitù, nonché l’oggetto e la portata del diritto; né tale conoscibilità può essere sostituita od integrata da una conoscenza desumibile “aliunde”. È quanto si legge nell’ordinanza della Cassazione n. 10627 del 20.04.2023.

IL CASO
La sig.ra M.B. conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Brescia, i sigg. A.B., D.M., D.R.M. e M.M., chiedendo la loro condanna a consentirle l’esercizio del diritto di servitù di passaggio alla stessa spettante in virtù dell’atto di divisione del 21 gennaio 1975.

la Corte di appello, in riforma della sentenza di primo grado con cui il Tribunale aveva respinto la richiesta di accertamento della servitù di passaggio, riteneva di poter desumere l’opponibilità della servitù, nei confronti delle resistenti, sulla base di due circostanze:

  1. l’una secondo cui dall’attestazione sulla prima pagina della copia autentica dell’atto divisionale prodotta in giudizio era evincibile che quest’ultimo fosse stato trascritto;
  2. l’altra in base alla quale le resistenti non avevano mai contestato l’esistenza e l’opponibilità a loro stesse o a terzi dell’atto divisionale e delle pattuizioni con lo stesso concordate, essendosi limitate a rilevare che la servitù di passaggio carraio dovesse ritenersi estinta per prescrizione, desumendosi, quindi, da ciò il riconoscimento, da parte delle medesime, sia dell’effettiva esistenza delle stessa che della conoscenza integrale del suo contenuto.

LA DECISIONE
La Cassazione ha contestato la decisione della Corte d’Appello – cassandola con rinvio – in quanto nella nota di trascrizione dell’atto di divisione non erano rinvenibili gli estremi della rivendicata servitù.

La S.C. ha ribadito il principio secondo il quale, “per stabilire se e in quali limiti un determinato atto trascritto sia opponibile ai terzi, occorre aver riguardo esclusivamente al contenuto della nota di trascrizione, dovendo le indicazioni in essa riportate consentire di individuare, in modo univoco e certo, gli estremi essenziali del negozio ed i beni ai quali esso si riferisce, senza necessità di esaminare anche il contenuto del titolo, che insieme con la nota, viene depositato presso la Conservatoria dei Registri Immobiliari.