Nonostante siano stati proposti molteplici disegni di legge in materia, ad oggi nel panorama normativo italiano non è possibile rinvenire una specifica disciplina che regoli l’affidamento dell’animale domestico in caso di separazione.

A fronte di questo vuoto normativo si sono succedute, nel tempo, varie pronunce giurisprudenziali, talvolta discordanti.

Recentemente, la Corte di Cassazione ha confermato la pronuncia di secondo grado, che: “ha negato il diritto di visita della ricorrente sulla base non della insussistenza della coppia di fatto, bensì per la carenza di prova dell’instaurazione di un rapporto significativo tra la ricorrente e il cane, vista la breve relazione sentimentale che l’aveva legata al suo padrone” (Cass.  24.03.2023, n. 8459).

Con tale pronuncia, la Suprema Corte ha quindi valorizzato l’importanza del legame affettivo che lega l’animale all’essere umano di riferimento, giungendo ad affermare che, in assenza di una prova dell’effettiva instaurazione di un rapporto significativo, non si possa riconoscere neppure il diritto di visita al coniuge non affidatario dell’animale stesso.