Rumori intollerabili provenienti dai vicini: si al risarcimento del danno anche in assenza di danno alla salute
Con la recente sentenza n. 21649 del 28 luglio 2021 la Corte di Cassazione coglie l’occasione per puntualizzare come, pur in assenza di un danno biologico per mancata prova dello stato di malattia, alla lesione del diritto al normale svolgimento della vita familiare all’interno della propria casa di abitazione nonché del diritto alla libera e piena esplicazione delle proprie abitudini di vita quotidiane, consegue un pregiudizio ristorabile in termini di danno non patrimoniale.
La vicenda trae origine dalla domanda proposta da due coniugi innanzi al Tribunale di La Spezia, volta ad accertare che la realizzazione di un secondo bagno da parte dei proprietari dell’appartamento confinante al loro provocasse immissioni sonore intollerabili derivanti dagli scarichi nonché ad ottenere l’eliminazione di detti rumori oltre al risarcimento dei danni asseritamente patiti.
Soccombenti in primo grado, i due coniugi impugnarono la sentenza resa dai Giudici di prime cure avanti la Corte d’Appello di Genova, la quale condannò i vicini ad eseguire i lavori necessari per ridurre i rumori provenienti dal proprio bagno nonché a risarcire ai coniugi il danno patito e quantificato in via equitativa in € 500,00 l’anno,
Invero, i Giudici genovesi ritennero che il rumore prodotto dagli scarichi dei vicini superasse la soglia della “normale tollerabilità” poiché arrecava disturbo al riposo nelle ore notturne e nelle prime ore del mattino, con conseguente pregiudizio per gli attori della normale qualità della vita ogni volta che usavano la stanza da letto, ossia un luogo destinato al riposo.
Questo perchè in corso di giudizio, venne accertato come il bagno in questione fosse stato realizzato in una parete adiacente la stanza da letto dell’appartamento confinante ove era posta la testiera del letto degli attori e la cassetta di incasso del wc era stata installata nel muro divisorio, sebbene avrebbe potuto trovare collocazione da un’altra parte.
I vicini ricorrono allora in Cassazione lamentando che:
- la consulenza tecnica d’ufficio, volta ad accertare l’entità delle immissioni prodotte dagli scarichi dei ricorrenti, non aveva tenuto conto dei rumori di fondo. Le misurazioni erano infatti state eseguite in periodo di bassa stagione turistica e soltanto nella stanza da letto ovvero nelle immediate vicinanze della parete divisoria e con le finestre chiuse;
- la corte di merito aveva liquidato il danno senza che ne fosse stata fornita la prova, pur trattandosi di danno conseguenza.
In linea di principio, ai sensi dell’art. 844 c.c. “il proprietario di un fondo non può impedire le immissioni di fumo o di calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e simili propagazioni derivanti dal fondo del vicino, se non superano la normale tollerabilità, avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi“.
Tuttavia, le normative tecniche speciali, che prescrivono i livelli di accettabilità delle immissioni valgono solo come indici valutativi del limite di intollerabilità nei rapporti orizzontali di vicinato (Cass. civ. n. 23754 del 01.10.2018) e il Giudice, nei casi in cui viene dedotta la violazione dell’art. 844 c.c., è chiamato a valutare la loro tollerabilità secondo il proprio prudente apprezzamento che deve tenere conto “delle particolarità della situazione concreta” (Cass. civ. n. 21649 del 28.07.2021). Egli ha infatti il compito “di individuare nel caso concreto il significato da attribuire a tale locuzione così ampia e generica, dal momento che la soglia di normale tollerabilità dell’immissione rumorosa non ha carattere assoluto, dipende dalla situazione ambientale, dalle caratteristiche della zona e dalle abitudini degli abitanti, tutelando il diritto al riposo, alla serenità e all’equilibrio della mente, nonchè alla vivibilità dell’abitazione che il rumore e il frastuono mette a repentaglio“(Cass. civ. n. 21649 del 28.07.2021).
Peraltro, tale valutazione “non può prescindere dalla rumorosità di fondo, ossia dalla fascia rumorosa costante, sulla quale vengono ad innestarsi i rumori denunciati come immissioni abnormi (cd. criterio comparativo) e deve essere riferita, da un lato, alla sensibilità dell’uomo medio e, dall’altro, alla situazione locale, appropriatamente e globalmente considerata” (Cass. civ. n. 28201 del 05.11.2018).
La prova dell’esposizione ad immissioni intollerabili può essere fornita da colui che si ritiene danneggiato dalle stesse anche “mediante presunzioni sulla base delle nozioni di comune esperienza” (Cass. civ. n. 26899 del 19.12.2014).
Nel caso di specie, poiché le immissioni sonore contestate avvenivano a causa dell’utilizzo degli scarichi nelle ore notturne, la Corte di Cassazione ritiene congrua la decisione del consulente tecnico d’ufficio, nominato dalla Corte d’Appello, di svolgere le rilevazioni dei suoni prodotti dagi scarichi di notte ossia in una situazione di rumore di sottofondo quasi inesistente.
Per quanto concerne invece il diritto al risarcimento del danno, i Giudici di Piazza Cavour precisano come “il diritto al rispetto della propria vita privata e familiare è uno dei diritti protetti dalla Convenzione Europea dei diritti umani (art. 8). La Corte di Strasburgo ha fatto più volte applicazione di tale principio anche a fondamento della tutela alla vivibilità dell’abitazione e alla qualità della vita all’interno di essa, riconoscendo alle parti assoggettate ad immissioni intollerabili un consistente risarcimento del danno morale, e tanto pur non sussistendo alcuno stato di malattia” (Cass. civ. n. 20927 del 16.10.2015).
Per questo motivo è da ritenersi che alla “lesione del diritto al normale svolgimento della vita familiare all’interno della propria casa di abitazione e del diritto alla libera e piena esplicazione delle proprie abitudini di vita quotidiane“, conseguono “pregiudizi apprezzabili in termini di danno non patrimoniale”; un tanto “pur quando non risulti integrato un danno biologico“. (Cass. civ. n. 7875 del 31.03.2009).
Correttamente quindi la Corte d’Appello aveva “accertato la sussistenza di un danno risarcibile correlato al pregiudizio al diritto al riposo, che ridonda sulla qualità della vita di un individuo e conseguentemente sul diritto alla salute costituzionalmente garantito” (Cass. civ. n. 21649 del 28.07.2021).
Per tutti questi motivi, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso condannando i vicini alle spese di giudizio.
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