Nel sistema giuridico italiano l’inadempimento grave di uno dei soggetti contraenti di un accordo a prestazioni corrispettive, ai sensi dell’art. 1453 c.c., fa sorgere in capo all’altra parte il diritto di ottenere un provvedimento del Giudice che accerti l’intervenuta risoluzione del contratto oppure il suo adempimento e, in ogni caso, il risarcimento del danno.

In tale ottica il legislatore ha previsto uno strumento, la diffida ad adempiere, che consente al contraente di ottenere la risoluzione del contratto senza necessità di adire l’autorità giudiziaria competente.

In particolare, ai sensi dell’art. 1454 c.c., “alla parte inadempiente l’altra può intimare per iscritto di adempiere in un congruo termine, con dichiarazione che, decorso inutilmente detto termine, il contratto s’intenderà senz’altro risoluto“.
Tale termine, non può essere inferiore a 15 giorni, “salvo diversa pattuizione delle parti o salvo che, per la natura del contratto o secondo gli usi risulti congruo un termine minore” (art. 1454, 2 comma, c.c.).

Nella pratica tuttavia spesso si incontrano solleciti volti ad ottenere l’esecuzione della prestazione entro un termine nettamente inferiore rispetto a quello anzidetto.

Il mese scorso la Corte di Cassazione, con sentenza n. 88943 del 15.05.2020, ha specificato che, al fine di giustificare un termine inferiore ai 15 giorni risultano del tutto irrilevanti le seguenti circostanze:

  • la presenza di precedenti solleciti rivolti al debitore per l’adempimento, in quanto tale circostanza non attiene alla natura del contratto ma ad un comportamento omissivo del debitore;
  • la mancata contestazione del termine da parte del debitore, sempre che, in base ad un accertamento rimesso al Giudice del merito, tale mancata contestazione non assuma significato ai fini della conclusione, in forma tacita, dell’accordo in deroga della previsione di cui all’art. 1454, 2 comma c.c.;
  • la mancata indicazione del doveroso termine reputato congruo da parte del debitore, in quanto ciò presuppone un onere non contemplato dalla norma di legge;
  • il protrarsi dell’inadempienza del debitore oltre il termine assegnato.

Conseguentemente, anche in questi casi non è giustificabile un termine inferiore a 15 giorni. Nel qual caso la diffida “è di per sé inidonea alla produzione di effetti estintivi nei riguardi del rapporto costituito tra le parti“.