La vertenza sorgeva dopo il fermo rifiuto opposto al creditore che chiedeva la restituzione della somma di denaro a suo tempo consegnata al figlio il quale replicava sostenendo che quel denaro gli fosse stato donato, non prestato.

Nel linguaggio parlato viene indicato come “prestito” ciò che, in realtà, trova una precisa collocazione nel codice civile; l’art. 1813 c.c. disciplina l’istituto del mutuo così qualificandolo: “Il mutuo è il contratto col quale una parte consegna all’altra una determinata quantità di danaro o di altre cose fungibili e l’altra si obbliga a restituire altrettante cose della stessa specie e qualità“.

Il legislatore non subordina l’efficacia del contratto alla sua previsione scritta tuttavia la giurisprudenza, anche di legittimità, ha sottolineato l’importanza di regolamentare in tale forma il rapporto, pena il rischio di non poter recuperare la somma consegnata, quantomeno con riguardo agli interessi maturati.

Recentemente il Tribunale di Treviso ha escluso il titolo donativo della consegna del denaro ritenendo di determinante rilevanza la sussistenza dei documenti comprovanti il titolo dell’erogazione di denaro a suo tempo disposta: “La consegna è circostanza pacifica: le dationes, infatti, (…) risultano provate dalla documentazione dimessa in atti. Risulta parimenti provato il titolo dell’ obbligazione, e cioè il mutuo stipulato tramite scambio di corrispondenza: richieste di prestito personale e relative accettazioni (docc. 1 , 2, 8, 15 e 18 fasc. monitorio).” (Sent. n. 746/2020 del 05/06/2020).

Sull’onere probatorio incombente al creditore anche la Corte di cassazione si è più volte espressa: “Secondo la giurisprudenza costante di questa Corte regolatrice, l’attore che chiede la restituzione di somme date a mutuo è tenuto, ai sensi dell’art. 2697 c.c., comma 1, a provare gli elementi costitutivi della domanda e quindi non solo la consegna ma anche il titolo della stessa, da cui derivi l’obbligo della vantata restituzione. L’esistenza di un contratto di mutuo non può essere desunta dalla mera consegna di assegni bancari o somme di denaro (che, ben potendo avvenire per svariate ragioni, non vale di per sè a fondare una richiesta di restituzione allorquando l’accipiens ammessane la ricezione – non confermi anche il titolo posto dalla controparte a fondamento della propria pretesa ma ne contesti la legittimità), essendo l’attore tenuto a dimostrare per intero il fatto costitutivo della sua pretesa, senza che la contestazione del convenuto (il quale, pur riconoscendo di aver ricevuto la somma ne deduca una diversa ragione) possa tramutarsi in eccezione in senso sostanziale e come tale determinare l’inversione dell’onere della prova (ex plurimis, Cass. 14/02/2010, n. 3258; Cass. 24/02/2004, n. 3642)” (Cass. 18.1.2018, n. 180)