Sempre più spesso le persone scelgono di stipulare la cd. “assicurazione sulla vita“, ossia una polizza che a fronte del pagamento di un premio, garantisce al beneficiario i mezzi per provvedere alle esigenze economiche della famiglia.

Ebbene, quando in queste polizze vengono indicati, quali beneficiari, gli eredi legittimi, quasi sempre sorgono contestazioni. Un tanto è conseguenza della scarsità di norme che disciplinano i contratti con prestazioni a favore di terzi (categoria in cui rientra la polizza vita).

Tale situazione ha fatto sorgere più di qualche dubbio sia sull’individuazione dei beneficiari che sul criterio da applicare per la ripartizione dell’indennizzo.

Tradizionalmente, la Corte di Cassazione riteneva che secondo la disposizione di cui all’art. 1920 c.c. il terzo acquistasse un diritto proprio ed autonomo alla liquidazione della polizza, perciò scollegato da quello del contraente (Cass. civ. sez. I, 10.11.1994, n. 9388).

Ne conseguiva che, quando nella polizza era previsto che l’indennità dovesse spettare agli eredi legittimi, la loro individuazione andava effettuata attraverso l’accertamento della qualità di erede secondo i modi tipici di delazione dell’eredità; nel caso in cui fossero mancati nel contratto i criteri di ripartizione delle quote, le stesse dovevano presumersi uguali, essendo contrattuale la fonte regolatrice del rapporto.

In una sentenza del 2015, la terza sezione della corte di Cassazione ha tuttavia ritenuto che “ove sia prevista, in caso di morte dello stipulante, la corresponsione dell’indennizzo agli eredi legittimi o testamentari, le parti (assicurato e assicuratore) abbiano non solo voluto individuare, con riferimento alle concrete modalità successorie, i destinatari dei diritti nascenti dal negozio (polizza assicurativa), ma anche determinare l’attribuzione dell’indennizzo in misura proporzionale alla quota in cui ciascuno è succeduto” (Cass. civ. sez. III, 29.09.2015, n. 19210).

Si tratta di una posizione apparentemente isolata, tanto più considerando che successivamente la Suprema Corte ha ribadito il principio di ripartizione autonoma dell’indennizzo, svincolata dai criteri successori (Cass 26606/2016; Cass. 25638/2018).

Tuttavia la questione è stata recentemente rimessa al parere dirimente della Corte di Cassazione a Sezioni Unite (Cass. Civ. III Ord., 16.12.2019 n. 33195), che però, ad oggi, non si è ancora espressa, lasciando irrisolta la questione.