Messaggi WhatsApp sgraditi: scatta il reato di molestia
Costituisce molestia o disturbo alle persone anche l’invio di messaggi tramite WhatsApp, in quanto, ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 660 c.p., rileva il carattere invasivo del mezzo impiegato per raggiungere il destinatario e non la possibilità per quest’ultimo di interrompere o prevenire l’azione perturbatrice, escludendo o bloccando il contatto o l’utenza non gradita.
(…) Il reato di molestia o disturbo alle persone di cui all’art. 660 c.p. tutela la tranquillità pubblica per l’incidenza che il suo turbamento ha sull’ordine pubblico a causa dell’astratta possibilità di reazione. L’interesse privato individuale riceve una protezione soltanto riflessa. La tutela penale è accordata anche contro la volontà delle persone molestate o disturbate: ciò che viene in rilievo è la tutela della tranquillità pubblica per i potenziali riflessi sull’ordine pubblico di quei comportamenti idonei a suscitare nel destinatario reazioni violente o moti di ribellione. (Cass. Pen., Sez. I, 20.09.2022, n. 34821)
L’elemento materiale del reato è costituito dall’interferenza non accettata nella vita privata altrui, che altera fastidiosamente o in modo inopportuno, immediato o mediato, lo stato psichico di una persona (Cass. pen., Sez. I, n. 19718 del 24/3/2005).
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