L’opposizione alla sanzione amministrativa, per violazione del codice della strada, aveva ad oggetto l’eccesso di velocità rilevato tramite dispositivo elettronico a distanza.

La Suprema Corte, chiamata a pronunciarsi sulla legittimità del verbale di accertamento, ha stabilito il principio secondo cui il corretto funzionamento dell’apparecchio va sempre dimostrata, a prescindere dalla presenza degli operatori al momento dell’accertamento dell’infrazione.

Con sentenza del 03/06/2020, n. 10463 la Corte di Cassazione ha infatti stabilito che: “Le apparecchiature di misurazione della velocità devono essere periodicamente tarate e verificate nel loro funzionamento e l’effettuazione di tali controlli – che vanno eseguiti a prescindere dal fatto che l’apparecchiatura operi in presenza di operatori o in automatico, senza la presenza degli operatori ovvero, ancora, tramite sistemi di autodiagnosi – deve essere dimostrata o attestata con apposite certificazioni di omologazione e conformità, non potendo essere provata con altri mezzi di attestazione o dimostrazione del loro corretto funzionamento“.

Con successiva pronuncia (Cass. civ. Sez. VI – 2 Ord., 18/06/2020, n. 11869) la Corte ha inoltre precisato che “nel giudizio di opposizione a sanzione amministrativa per superamento dei limiti di velocità, grava sull’Amministrazione resistente, quale attore sostanziale, l’onere di provare, oltre all’omologazione ed alla installazione, anche l’effettuazione delle periodiche verifiche volte ad assicurare la persistente funzionalità dello strumento rilevatore“.

Nel caso concreto il tribunale aveva erroneamente ritenuto sufficiente la produzione in giudizio della documentazione attestante l’omologazione e la corretta installazione e funzionamento dell’autovelox, sul presupposto che non fosse onere dell’Amministrazione provare il perdurante funzionamento dell’apparecchiatura.

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