Con la sentenza a Sezioni Unite n. 9839 del 14 aprile 2021 la Corte di Cassazione, risolvendo un esistente contrasto di pronunce, ha dipanato i dubbi in merito alla possibilità di contestare, in sede di opposizione a decreto ingiuntivo, la validità dell’atto assembleare, posto a fondamento dell’ingiunzione di pagamento.

Secondo l’orientamento più risalente, oggi, pertanto, superato, l’invalidità della deliberazione assembleare della ripartizione delle spese condominiali, per violazione dei criteri prescritti dalla legge, non può essere considerata nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, trattandosi di questione riservata ad un apposito separato giudizio (Cass., Sez. Un., n. 26629 del 18/12/2009; nel medesimo senso, Cass., Sez. 2, n. 3354 del 19/02/2016; Cass., Sez. 2, n. 4672 del 23/02/2017; in senso conforme, non massimate: Cass., Sez. 2, n. 6436 del 19/03/2014; Cass., Sez. 2, n. 8685 del 28/03/2019; da ultimo Cass., Sez. 2, n. 21240 del 09/08/2019, in motiv.), salvo il caso in cui il giudice del giudizio esclusivamente dedicato alla delibera medesima non l’abbia, anche temporaneamente, neutralizzata (Cass. Civ. n. 19938/2012; Cass. Civ. n. 7741/2017).

Già in passato, tuttavia, numerose pronunce della Suprema Corte avevano rilevato come detto orientamento non potesse ritenersi accoglibile in quanto “nel procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di oneri condominiali, il limite alla rilevabilità d’ufficio dell’invalidità della sottostante deliberazione non opera allorché si tratti vizi implicanti la sua nullità, in quanto la validità della deliberazione rappresenta un elemento costitutivo della domanda di pagamento”. (Cass., Sez. 2, n. 305 del 12/01/2016; Cass., Sez. 2, n. 19832 del 23/07/2019; nello stesso senso, non massimate: Cass., Sez. 6-2, n. 22157 del 12/09/2018; Cass., Sez. 6-2, n. 33039 del 20/12/2018; Cass., Sez. 6-2, n. 23223 del 27/09/2018).

Chiamate ad esprimersi in via definitiva sulla questione, le Sezioni Unite hanno quindi affermato che l’oggetto del giudizio di cognizione instaurato con opposizione a decreto ingiuntivo “non si limita alla verifica delle condizioni di ammissibilità e validità del decreto stesso, ma si estende all’accertamento dei fatti costitutivi del diritto in contestazione, ossia al merito del diritto fatto valere dal creditore con la domanda di ingiunzione. (…) Invero, la validità della deliberazione posta a fondamento dell’ingiunzione costituisce il presupposto necessario per la conferma del decreto ingiuntivo; non può, pertanto, precludersi al giudice dell’opposizione di accertare, ove richiesto o dovuto, la sussistenza del presupposto necessario per la pronuncia di rigetto o di accoglimento della opposizione”.

In questo senso si pongono, peraltro, evidenti ragioni di economia processuale: pretendere che l’opponente instauri un ulteriore procedimento finalizzato alla declaratoria di nullità della delibera assembleare comporterebbe una ingiustificata proliferazione di procedimenti, oltre a prestare il fianco a potenziali contrasti di giudicato.

Quanto sin qui osservato circa la nullità della delibera, si applica anche ai casi di mera annullabilità dell’atto: ai sensi dell’art. 1137 co. 2 c.c. “Contro le deliberazioni contrarie alla legge o al regolamento di condominio ogni condomino assente, dissenziente o astenuto può adire l’autorità giudiziaria chiedendone l’annullamento nel termine perentorio di trenta giorni, che decorre dalla data della deliberazione per i dissenzienti o astenuti e dalla data di comunicazione della deliberazione per gli assenti”.

Tale enunciato, osserva la Corte, “non prevede alcuna riserva dell’esercizio dell’azione di annullamento ad un apposito autonomo giudizio”.