In data 18.9.2020 è stata depositata l’attesissima sentenza della Cassazione a Sezioni Unite, chiamata a pronunciarsi sulla questione inerente gli interessi di mora, con particolare riguardo alla loro assoggettabilità, o meno, alla normativa antiusura, prevista dal combinato disposto degli artt. 644 c.p. e 1815 c.c.

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 19597/2020, hanno affermato il principio della subordinazione degli interessi moratori alla disciplina di contrasto all’usura, stabilendo anche i criteri per l’individuazione del Tasso Soglia con il quale effettuare il confronto nonché le conseguenze della declaratoria di nullità ex art. 1815, comma 2, c.c. rispetto agli interessi corrispettivi lecitamente pattuiti.
Secondo la tesi condivisa dal giudice di legittimità, sussiste quindi l’esigenza prioritaria di non lasciare il debitore alla mercé del finanziatore.

Poichè quest’ultimo è subordinato al rispetto del limite della soglia usuraria quando pattuisce i costi complessivi del credito, egli non può dirsi immune dal controllo antiusura anche quando, scaduta la rata o decorso invano il termine pattuito per il recupero della somma prestata, applichi gli interessi di mora.

In particolare, nella pronuncia in questione vengono delineati i seguenti principi di diritto:

La mancata indicazione dell’interesse di mora nell’ambito del T.e.g.m. non preclude l’applicazione dei decreti ministeriali, i quali contengano comunque la rilevazione del tasso medio praticato dagli operatori professionali, statisticamente rilevato in modo del pari oggettivo ed unitario, essendo questo idoneo a palesare che una clausola sugli interessi moratori sia usuraria, perchè “fuori mercato”, donde la formula: “T.e.g.m., più la maggiorazione media degli interessi moratori, il tutto moltiplicato per il coefficiente in aumento, più i punti percentuali aggiuntivi, previsti quale ulteriore tolleranza dal predetto decreto””.

“Ove i decreti ministeriali non rechino neppure l’indicazione della maggiorazione media dei moratori, resta il termine di confronto del T.e.g.m. così come rilevato, con la maggiorazione ivi prevista”.

“Si applica l’art. 1815 c.c., comma 2, onde non sono dovuti gli interessi moratori pattuiti, ma vige l’art. 1224 c.c., comma 1, con la conseguente debenza degli interessi nella misura dei corrispettivi lecitamente convenuti”.

“Anche in corso di rapporto sussiste l’interesse ad agire del finanziato per la declaratoria di usurarietà degli interessi pattuiti, tenuto conto del tasso-soglia del momento dell’accordo; una volta verificatosi l’inadempimento ed il presupposto per l’applicazione degli interessi di mora, la valutazione di usurarietà attiene all’interesse in concreto applicato dopo l’inadempimento”.

“Nei contratti conclusi con un consumatore, concorre la tutela prevista dall’art. 33, comma 2, lett. f) e art. 36, comma 1 codice del consumo, di cui al D.Lgs. n. 206 del 2005, già artt. 1469-bis e 1469-quinquies c.c.”.

“L’onere probatorio nelle controversie sulla debenza e sulla misura degli interessi moratori, ai sensi dell’art. 2697 c.c., si atteggia nel senso che, da un lato, il debitore, il quale intenda provare l’entità usuraria degli stessi, ha l’onere di dedurre il tipo contrattuale, la clausola negoziale, il tasso moratorio in concreto applicato, l’eventuale qualità di consumatore, la misura del T.e.g.m. nel periodo considerato, con gli altri elementi contenuti nel decreto ministeriale di riferimento; dall’altro lato, è onere della controparte allegare e provare i fatti modificativi o estintivi dell’altrui diritto“.