Il notaio e “l’obbligo di consiglio”
Con ordinanza n. 21205 del 05.07.2022 la Corte di Cassazione ha confermato l’orientamento secondo cui “il notaio incaricato della stipula di un contratto, avente ad oggetto diritti reali su beni immobili, non può limitarsi ad accertare la volontà delle parti e a sovrintendere alla compilazione dell’atto, essendo tenuto a compiere l’attività necessaria ad assicurare la serietà e certezza dei relativi effetti tipici e il risultato pratico perseguito ed esplicitato dalle parti stesse, dal momento che contenuto essenziale della sua prestazione professionale è l’obbligo di informazione e consiglio” (Cass. civ. 15.02.2022, n. 4911, con cui è stata confermata la sentenza di merito che aveva ravvisato la responsabilità professionale di un notaio, il quale, in sede di stipulazione di un contratto di mutuo ipotecario, aveva omesso di accertare che l’immobile ipotecato era invendibile, in quanto gravato da usi civici non affrancati).
La S.C. ha ricordato una precedente pronuncia con cui veniva precisato che “la violazione dell’obbligo di consiglio è fonte di responsabilità traducendosi nella violazione delle clausole generali di buona fede oggettiva e correttezza, ex artt. 1175 e 1375 c.c., quali criteri determinativi e integrativi della prestazione contrattuale, che impongono il compimento di quanto utile e necessario alla salvaguardia degli interessi della parte (Cass., 04.03.2022, n. 7185).
Peraltro, i suddetti principi si affiancano a quello, altrettanto pacifico, per cui il notaio non può interferire nella valutazione della convenienza negoziale riservata alle parti: e così si è affermato che il notaio che inserisca, nella redazione dell’atto pubblico di trasferimento immobiliare, la dichiarazione della parte venditrice, accettata dall’acquirente, di estinzione del debito garantito da ipoteca sull’immobile, con impegno a provvedere alla cancellazione di quest’ultima a propria cura e spese, “non risponde per la mancata veridicità della dichiarazione poiché non è tenuto ad alcuna attività accertativa a fronte di un’espressione del potere valutativo del contraente, al quale solo spetta apprezzare il rischio di quell’operazione negoziale (Cass. civ. 27 gennaio 2015, n. 21792)
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