Il figlio danneggia l’auto e gli arredi dei genitori: è stalking
Il reato di atti persecutori si configura anche con due sole azioni che si sostanzino in condotte di danneggiamento; concetti chiariti dalla sentenza della Cassazione Penale n. 34471/2021. Confermata pertanto la condanna per stalking del figlio che minaccia e aggredisce la madre, danneggia con diverse condotte un mobile, l’auto e il cellulare della donna
IL CASO
In sede di Appello veniva parzialmente riformata la decisione del Tribunale che aveva condannato l’imputato per i reati di lesioni, riportate dai genitori, di danneggiamento di un cellulare e di un mobiletto e del reato di atti persecutori nei confronti della madre.
Ricorreva in Cassazione l’imputato contestando, nel primo motivo del ricorso, il difetto dell’elemento soggettivo per la mancanza di volontà di provocare lesioni ai genitori; la sua unica intenzione era di difendersi dai colpi inferti da loro con oggetti contundenti.
Contestava poi, nel secondo, l’addebito per il reato di cui all’art. 615 c.p. perché, dopo la depenalizzazione, solo l’illecito penale commesso con violenza o minaccia viene punito come reato, circostanze che devono essere contestuali al danneggiamento.
Condizioni che, nel caso di specie (stando alla ricostruzione fattuale proposta dall’imputato), non si erano verificate poiché, prima che il telefonino cadesse a terra, l’imputato si era limitato a toglierlo dalle mani della madre, senza minacciarla o farle violenza in alcun modo e solo per evitare che gli si scagliasse contro. Infine, con il terzo motivo, rifiutava l’addebito per il reato di stalking perché evidenziando come mancassero tutti gli elementi costituivi del reato.
Con la sentenza n. 34471 del 16.09.2021, la Cassazione Penale ha dichiarato il ricorso inammissibile in quanto teso ad ottenere una lettura alternativa o una rivalutazione delle prova che è attività sottratta all’ambito del giudizio di legittimità. Gli Ermellini rilevano inoltre che la Corte di Appello ha ben motivato, senza contraddizioni e illogicità, le ragioni per le quali ha ritenuto l’imputato responsabile dei reati addebitati.
Il reato di lesioni e quello di danneggiamento risultano provati dalla documentazione medica, dalle testimonianze e dalla querela.
Del tutto infondate le doglianze sul reato di atti persecutori, in quanto trattasi di un illecito penale abituale che si caratterizza per “il compimento di più atti realizzati in momenti successivi, rappresentando ciascuna delle singoli azioni un elemento della serie, al realizzarsi della quale sorge la condotta tipica rilevante anche ai fini della procedibilità.”
Per la giurisprudenza di legittimità prevalente, il reato di atti persecutori è integrabile anche con due sole condotte, perché idonee a costituire la “reiterazione” richiesta dalla norma e perchè, dal punto di vista soggettivo, è sufficiente l’elemento del dolo generico, che consiste nella volontà di porre in essere più condotte di minaccia e molestia nella consapevolezza della loro idoneità a produrre uno degli eventi previsti alternativamente dalla norma e della abitualità della propria condotta. Il tutto senza preordinazione, potendo le condotte essere anche casuali o realizzate quando se ne presenta l’occasione.
Nel caso di specie la Corte di Appello, ha accertato le molestie e le minacce reiterate e la sussistenza del dolo generico in capo all’imputato. Il Giudice di legittimità ha ritenuto che debbano considerarsi infatti molestie e minacce i danneggiamenti commessi in danno dell’auto della madre, le minacce realizzate con il gesto di tagliarle la gola, i colpi inferti con un bastone al mobiletto presente nell’abitazione dei genitori, l’aggressione fisica alla donna, a cui ha stretto il collo, ingiuriandola e minacciandola per poi romperle il telefonino che la stessa avrebbe voluto utilizzare per chiamare le forze dell’ordine.
La V sezione Cassazione condivide dunque le conclusioni della giurisprudenza di legittimità per la quale il delitto di atti persecutori si configura anche quando la condotta si sia manifestata in una attività di danneggiamento che abbia provocato nella persona offesa uno stato di ansia o la abbia indotta a cambiare le proprie abitudini di vita, perché trattasi di una “condotta idonea a configurare sia la molestia, per i ripetuti danni in sé, sia la minaccia, in relazione alla possibilità di analoghi atti dannosi, desumibile dalle precedenti condotte.“
Precisa inoltre, che in teoria, non è esclusa comunque la concorrenza del reato di atti persecutori con quello di danneggiamento anche quando il danneggiamento rappresenti l’unico modo in cui si manifesta il primo reato, poiché i due reati tutelano beni differenti.
“Il delitto di atti persecutori, inoltre, può concorrere con quello di danneggiamento anche quando la condotta dannosa costituisce la modalità esclusiva di consumazione degli atti persecutori, trattandosi di reati che tutelano differenti beni giuridici (cfr. Cass., Sez. 5, n. 52616 del 23.9.2016, Rv. 268821).
D’altro canto l’evidente volontà del ricorrente di porre in essere le descritte condotte persecutorie in danno della persona offesa, appare sorretta dalla consapevolezza della idoneità delle medesime condotte alla produzione di uno degli eventi alternativamente previsti dalla norma di cui all’art. 612 bis c.p., in considerazione della circostanza, evidenziata dalla corte territoriale, che più volte la R. aveva manifestato al figlio la propria esasperazione e il proprio malessere e, nonostante ciò, il B. aveva continuato a insultarla e ad aggredirla, nella piena consapevolezza, dunque, dello stato che tali condotte creavano nella donna.” (Cass Pen.
n. 34471 del 16.09.2021)
Indubbia quindi, per i Giudici, la consapevolezza dell’imputato di produrre con la propria condotta uno degli eventi previsti dall’art. 612 bis c.p visto che, come rilevato dalla Corte di Appello, la madre aveva manifestato in diverse occasioni il proprio malessere e il proprio stato di esasperazione e considerato che nonostante ciò il figlio avesse continuato ad aggredirla e ad insultarla. Circostanze che la Corte territoriale aveva accertato poiché, come conseguenza della condotta del figlio, la madre era rimasta vittima di un perdurante stato di paura, confermato anche dal marito, tanto da chiudersi a chiave in casa, al fine di evitare le aggressioni del figlio. Condotta che evidenziava un significativo cambiamento delle proprie abitudini di vita, effetto tipico del reato di stalking.
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