Il contratto via WhatsApp è valido
L’accordo raggiunto tramite scambio di messaggi WhatsApp tra le parti, documentato mediante il relativo screenshot prodotto in causa, costituisce prova scritta dell’accordo tra le parti, salvo che quella interessata non ne abbia disconosciuto la provenienza e il contenuto.
In tal senso si è espresso il Tribunale di Milano con la sentenza del 10.08.2021.
IL CASO
Con atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo, la venditrice di un appartamento resisteva alla richiesta di provvigione avanzata dall’immobiliarista, che aveva intermediato l’affare.
La cliente dell’agenzia contestava di aver delegato il figlio a trattare ogni aspetto connesso alla compravendita senza aver mai conferito un mandato formale all’agente immobiliare. Quest’ultimo aveva infatti contattato solo il figlio, al quale era stato presentato un potenziale acquirente.
Evidenziava altresì che, in ordine alla provvigione pretesa dall’agenzia, era intercorso un accordo, via WhatsApp, espressamente accettato dal mediatore, in base al quale detta provvigione era da riconoscersi a condizione che fosse stato realizzato il prezzo minimo indicato.
Invero, il 15.12.2016, la cliente così scriveva: “(…) cioè se la cifra è nella forbice alta. Diciamo così: 1% se 590, 0,5 se 585. Non che a 580 lei non ha lavorato, ma andrei a perderci rispetto ad accettare í 575 (o magari 580 che riesco ad ottenere), con il vicino che è un privato e dunque senza mediazione. Spero che capisca il mio discorso“.
Seguiva il contestuale ricontro positivo del mediatore, il quale, semplicemente, così rispondeva: “Va bene“.
Il 6.4.2017 veniva venduto l’immobile per il valore della proposta d’acquisto, effettivamente inviata per il tramite del mediatore, ma solo per l’importo di 580.000,00 euro. La venditrice perciò contestava che tale somma fosse inferiore a quella minima concordata via WhatsApp, per far scattare l’obbligo della provvigione, a suo carico.
LA DECISONE
Per quanto qui di interesse, il Tribunale pur ritenendo pacifico che la vendita dell’immobile si fosse realizzata grazie all’efficace attività del mediatore immobiliare, non ha accolto la richiesta di liquidazione della provvigione, a causa dell’accordo intercorso via WhatsApp.
Il Tribunale ha evidenziato come non vi fosse dubbio che il figlio della venditrice avesse sempre agito in nome e per conto della madre; ha però ritenuto dirimente l’incontestata produzione in giudizio degli screenshots dei messaggi scambiati via WhatsApp tra le parti e relativi alle condizioni del diritto al compenso del mediatore.
Al riguardo il Giudice ha così rilevato: “L’attività di trattativa per conto della venditrice veniva perciò costantemente condotta dal figlio, presente anche all’incontro per l’accettazione della proposta di acquisto (“Ci vediamo giù al portone” “ok sto partendo adesso dall’ufficio” scambio whatsapp in atti), in occasione del quale appare perciò davvero assai inverosimile che la madre subentrasse nelle trattativa al figlio presente acconsentendo al pagamento di una provvigione del 2%, come sostenuto da parte opposta (con richiesta di prova sul punto inammissibile). L’accordo di cui al messaggio whatsapp del 15.12.2016 deve pertanto ritenersi perfettamente valido ed efficace, nella sua originaria ed immutata formulazione, nonché vincolante per le parti.
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