La Corte di Cassazione a Sezioni Unite, nella sentenza del 05.02.2021, n. 2867, ha risolto una pluralità di questioni, di particolare importanza, in merito alla legge applicabile al caso in cui un defunto straniero, possieda beni anche in Italia.

Nella fattispecie in esame, una donna, cittadina italiana, aveva convenuto in giudizio i figli di un cittadino inglese, con il quale aveva contratto matrimonio, in seguito deceduto, proponendo azione di petizione di eredità composta da immobili siti in Italia e da beni mobili lasciati in Inghilterra. Ella chiedeva di accertare l’avvenuta revoca del testamento redatto a Londra (con cui il de cuius aveva lasciato all’attrice un legato di 50,000 sterline, disponendo del restante suo patrimonio in favore dei figli).

La donna aveva dedotto che, attesa la nazionalità del de cuius, la sua successione doveva essere disciplinata dal diritto inglese, alla stregua della L. n. 218 del 1995, sicché il testamento era da intendersi revocato per effetto del successivo matrimonio del testatore, in base a quanto prescritto dal Will Act del 1837.

La Corte d’appello di Milano, pronunciatasi in secondo grado sulla vicenda, aveva affermato che “non era in discussione l’applicazione della legge inglese; in forza di ciò doveva perciò dirsi revocato il testamento quale conseguenza del successivo matrimonio del testatore, trattandosi peraltro di questione attinente ai rapporti patrimoniali fra i coniugi e non alle successioni, ai sensi della L. n. 218 del 1995, artt. 13 e 15; la successione doveva pertanto considerarsi ab intestato; in applicazione del diritto internazionale privato inglese, per i beni mobili doveva procedersi secondo la legge del domicilio del testatore al momento della morte, e quindi quella inglese, mentre per i beni immobili occorreva provvedere in base alla legge italiana, trovandosi gli stessi immobili in Italia (senza però che la medesima legge italiana interferisse sul profilo della disciplina della revoca del testamento)”.

La L. n. 218 del 1995, art. 46 ribadisce inizialmente i principi di unitarietà e universalità della successione (tanto ex lege che testamentaria), affermando il comma 1 che la successione mortis causa è regolata (soltanto) dalla legge nazionale del defunto al momento della morte, senza che abbiano rilievo la natura e la situazione dei beni che ne costituiscono oggetto.

Tuttavia, il principio di unità della successione può essere attenuato dall’operatività del meccanismo del rinvio L. n. 218 del 1995, ex art. 13 il quale può portare a modificare le stesse regole di conflitto: ciò è quel che avviene, ad esempio, proprio allorché la legge nazionale del defunto adotti il criterio della scissione e così postuli l’assoggettamento della successione a discipline diverse in base alla natura ed alla situazione dei beni compresi nell’eredità.

Tale difficile coordinamento, proseguono le Sezioni Unite, si impone proprio quando muoia un cittadino inglese che lasci nel suo patrimonio immobili in Italia: la successione è regolata dalla legge inglese secondo la L. n. 218 del 1995, art. 46 ma la conflict law inglese non codificata valevole per i beni immobili rinvia, ai sensi della L. n. 218 del 1995, art. 13 alla lex rei sitae, ovvero alla legge italiana.

Nel caso in esame (considerato emblematico in molti studi specialistici), le norme di conflitto individuano preliminarmente la lex successionis nella legge inglese, la quale poi trattiene la regolamentazione dei beni mobili e rinvia indietro alla lex rei sitae la disciplina dei beni immobili.

In sostanza, quale conseguenza del rinvio del diritto internazionale privato italiano al diritto privato internazionale inglese e del correlato rinvio indietro previsto da quest’ultimo, si determina l’effetto della cosiddetta “scissione” tra i beni immobili e i beni mobili del defunto: la legge che governa la successione inerente ai beni immobili è la legge italiana, ovvero quella dello Stato in cui i beni si trovano (lex rei sitae); la legge che governa la successione inerente ai beni mobili, per contro, è la legge inglese, legge del domicilio del defunto.

Tale difficile coordinamento, proseguono le Sezioni Unite, si impone proprio quando muoia un cittadino inglese che lasci nel suo patrimonio immobili in Italia: la successione è regolata dalla legge inglese secondo la L. n. 218 del 1995, art. 46 ma la conflict law inglese non codificata valevole per i beni immobili rinvia, ai sensi della L. n. 218 del 1995, art. 13 alla lex rei sitae, ovvero alla legge italiana.

Nel caso in esame (considerato emblematico in molti studi specialistici), le norme di conflitto individuano preliminarmente la lex successionis nella legge inglese, la quale poi trattiene la regolamentazione dei beni mobili e rinvia indietro alla lex rei sitae la disciplina dei beni immobili.

In sostanza, quale conseguenza del rinvio del diritto internazionale privato italiano al diritto privato internazionale inglese e del correlato rinvio indietro previsto da quest’ultimo, si determina l’effetto della cosiddetta “scissione” tra i beni immobili e i beni mobili del defunto: la legge che governa la successione inerente ai beni immobili è la legge italiana, ovvero quella dello Stato in cui i beni si trovano (lex rei sitae); la legge che governa la successione inerente ai beni mobili, per contro, è la legge inglese, legge del domicilio del defunto.

L’errore della sentenza impugnata sta dunque nell’aver ritenuto che “è proprio perché è la legge inglese a disciplinare la successione mortis causa che trova applicazione prima la revoca del testamento per susseguente matrimonio, poi la successione ab intestato secondo le regole di diritto internazionale privato della stessa – applicate dunque prima di quelle sostanziali per risolvere il conflitto – che individuano per i beni mobili le disposizioni della legge inglese in considerazione del domicile del de cuius e per gli immobili le disposizioni della legge italiana per il rinvio senza distinzioni alla lex rei sitae“. In tal modo, i giudici del merito hanno finito per regolare anche il titolo di acquisto della successione immobiliare in base alla legge inglese, relegando l’operatività della lex rei sitae alla sola fase successiva alla delazione, limitata alla determinazione delle quote, alle modalità materiali ed alle formalità di acquisito.

La sentenza impugnata è stata, dunque, cassata, con rinvio dalla causa alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione, che deciderà uniformandosi ai principi di diritto enunciati.one, che deciderà uniformandosi ai principi di diritto enunciati.