Danno da responsabilità medica: chi anticipa le spese della perizia?
La Corte costituzionale è stata chiamata ad esprimersi sulla legittimità della legge Gelli-Bianco (Legge 08.03.2017, n. 24) nella parte in cui impone al ricorrente (seppur indirettamente) di anticipare le spese del ricorso per accertamento tecnico preventivo (A.T.P.), disciplinato dall’art. 696 bis c.p.c..
La legge, all’art. 8, comma 1, prevede infatti che chi voglia esercitare un’azione risarcitoria per danno da responsabilità professionale medica sia tenuto preliminarmente ad ottenere una consulenza tecnica preventiva che possa favorire la conciliazione.
Rimane comunque salva la possibilità di esperire, in alternativa, il procedimento di mediazione obbligatoria previsto dall’art. 5, comma 1-bis, del D.Lgs. 04.03.2010, n. 28.
La norma impone a tutte le parti di partecipare al procedimento di accertamento tecnico preventivo, comprese le imprese di assicurazione del medico e della struttura ospedaliera. Per disincentivare l’abitudine invalsa nelle procedure di mediazione di disertare il tentativo di conciliazione, è prevista la possibilità che il Giudice, con il provvedimento che definisce il giudizio, condanni le parti rimaste contumaci al pagamento delle spese di consulenza e di lite, “indipendentemente dall’esito del giudizio”.
Inoltre, come ulteriore deterrente all’intento di boicottare l’intento conciliativo, è prevista una pena pecuniaria che il Giudice può determinare “equitativamente”, in favore della parte, comparsa alla conciliazione.
Con l’ordinanza del 21.05.2020, il Tribunale di Firenze ha rimesso alla Corte Costituzionale la soluzione del problema concernente la sperequazione tra le due condizioni di procedibilità previste alternativamente dalla Legge Gelli-Bianco, con evidente contestazione del meccanismo di anticipazione, da parte del danneggiato, delle spese (spesso elevate) della perizia medico legale.
Invero, se il risarcendo sceglie l’alternativa del procedimento di mediazione previsto dall’articolo 5, comma 1-bis, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, tutte le spese (quelle di attivazione della procedura, l’indennità del mediatore ma anche gli eventuali costi di una perizia) sono a carico di entrambe le parti.
Va infatti ricordato che, ai sensi dell’art. 16, comma 11 D.M. 18.10 2010, n. 180 e successive modifiche, “Le spese di mediazione indicate sono dovute in solido da ciascuna parte che ha aderito al procedimento”, a differenza di quelle di consulenza tecnica nel procedimento di cui all’art. 696 bis c.p.c., che, come detto, vengono normalmente addebitate esclusivamente alla parte richiedente.
Nell’ordinanza viene censurato il fatto che solo nel caso di A.T.P. il nostro ordinamento continui a ritenere legittima l’anticipazione delle spese a carico del danneggiato, pur in base al condiviso presupposto di ritenere “neutrale” la natura dell’incarico conferito al consulente tecnico d’ufficio.
Alla Corte Costituzionale, investita della questione, viene chiesto di verificare se un tale sistema possa garantire a tutti l’accesso alla giustizia, atteso che anche dove venga riconosciuta la responsabilità della struttura ospedaliera e/o del professionista medico, gli ingenti costi del procedimento di A.T.P. sono interamente a carico del danneggiato, il quale, molto spesso, non è in grado di sopportarne il peso, così subendo la violazione dei principi di cui agli art. 2,3, 24 e 32 della Costituzione.
Innanzitutto, il Tribunale di Firenze, nella sua articolata ordinanza di rimessione, ha esaminato il diritto vivente della Corte di Cassazione, che, a tutt’oggi, propende per porre le spese di perizia interamente a carico della parte ricorrente, fatta salva poi la possibilità di addebitarle alla parte resistente, nel caso in cui quest’ultima risulti soccombente all’esito dell’eventuale giudizio di merito.
Successivamente, il giudice forentino ha evidenziato che “il processo civile, in generale ed in particolare quello in materia di responsabilità sanitaria si rivela sempre meno un anodino e cieco percorso verso la decisione finale e sempre più come una serie di snodi selettivi volti alla costruzione progressiva della decisione. E che in questo modello processuale anche la decisione di addebitare l’anticipo del costo della CTU, in qualsiasi fase essa verrà svolta, a carico di una parte diversa da quella richiedente, quando quest’ultima parte appaia destinata a risultare vittoriosa almeno in parte all’esito del giudizio, potrebbe rappresentare uno di quegli atti di interlocuzione consapevole in grado di orientare il processo. Il diverso regime attuale aggrava invece in misura irragionevole l’accesso alla tutela da parte del paziente, anche di fronte ad un esito della futura lite di merito che si preconizzi del tutto favorevole, con l’addebito di un costo che potrebbe esser insostenibile o irragionevolmente gravoso” (Tribunale di Firenze 21.05.2020).
Non resta che attendere il parere della Consulta nell’auspicio che il legislatore possa risolvere l’evidente problema di accesso differenziato alla giustizia posto dalla legge Gelli-Bianco (Legge 08.03.2017, n. 24), in violazione dei principi costituzionali sanciti agli art. 2, 3 e 24 della Costituzione.
A titolo di cronaca, nel caso di specie, all’esito della procedura per A.T.P. ex art. 696 bis c.p.c., veniva accertata l’inadeguatezza della prestazione sanitaria e un danno biologico da invalidità permanente del 50%, con conseguente perdita totale della capacità lavorativa specifica del paziente.
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