Una passeggera, scendendo dall’auto su cui era trasportata, rovinava a terra e subiva gravi danni da lesioni personali.

L’infortunata lamentava di essere stata vittima della condotta negligente del conducente, il quale, non accorgendosi che la donna non fosse ancora uscita completamente dall’abitacolo, ripartiva, facendola così rovinare a terra.

All’esito del giudizio di primo grado, a carico del proprietario dell’auto e della sua compagnia assicuratrice, la danneggiata si vedeva accogliere la propria domanda, ai sensi dell’art. 141 D.lgs. 209/2005 (Codice delle Assicurazione Private) con conseguente ristoro del danno quantificato in 80 mila euro, circa.

La sentenza veniva riformata in appello, sul presupposto che la donna non fosse riuscita “a dimostrare il fatto storico, la propria qualità di trasportato sul mezzo assicurato, il pregiudizio risentito e il nesso eziologico tra questo e la circolazione del veicolo“. La signora veniva quindi condannata alla restituzione di quanto già incassato sulla scorta della sentenza di primo grado.

La stessa rimetteva la questione al vaglio della Corte di Cassazione, contestando che il giudice d’appello l’avesse illegittimamente gravata di un onere probatorio non previsto dall’art. 141, Cod. Ass. Private.

Con la sentenza n. 414 del 13.01.2021 la Suprema Corte, pur riconoscendo che l’esigenza sottesa alla norma sopracitata sia quella di garantire la massima operatività del principio in forza del quale “il proprietario trasportato ha diritto, nei confronti del suo assicuratore, al risarcimento del danno causato dalla circolazione non illegale del mezzo, essendo irrilevante ogni vicenda normativa interna ed essendo nullo ogni patto che condizioni la copertura del trasportato all’identità del conducente” (Cass. n. 16181 del 2015), ha rigettato il ricorso.

In linea di principio, il Giudice di legittimità ha sottolineato che l’art. 141 Cod. Ass. Private non opera nei casi (analoghi alla fattispecie in esame) in cui risulti coinvolto nel sinistro un unico veicolo; per consolidata giurisprudenza, il presupposto dell’operatività di tale norma è costituito dal coinvolgimento di almeno due veicoli, anche senza che si sia verifcata una collisione tra gli stessi (è il caso del passeggero di un’auto, il cui conducente, al fine di evitare l’impatto con un altro mezzo, esca di strada, cagionando in tal modo il danno al passeggero medesimo).

Sotto altro profilo, la Corte ha evidenziato che, sebbene il legislatore abbia inteso agevolare il conseguimento del risarcimento del danno da parte del trasportato, nei confronti dell’assicurazione del vettore, risparmiandogli “l’onere di dimostrare l’effettiva distribuzione della responsabilità tra i conducenti dei veicoli coinvolti nel sinistro“, il leso non possa ritenersi esonerato dall’onere probatorio circa la “eziologia del danno, o meglio, della sua riconducibilità, sul piano causale, all’avvenuto trasporto” .

Invero, essendo la norma in questione (ovvero l’art. 141 Cod. Ass. Private) uno strumento integrativo di tutela rispetto a quello fornito dal codice civile (artt. 2043 c.c. – Risarcimento per fatto illecito – e 2054 c.c. – Circolazione dei veicoli), il diritto al ristoro del danno “non può prescindere dalla prova che il danno, o meglio l’evento dannoso, trovi causa nel trasporto e non semplice occasione di verificazione“.

Il Giudice ha osservato che tale principio è infatti ampiamente applicato nell’ambito del nostro ordinamento cosicchè, sulla disciplina generale della repsonsabilità da “trasporto di persone”, “la presunzione di responsabilità posta dall’art. 1681 c.c. e art. 2054 c.c. a carico del vettore per i danni al viaggiatore opera” solo “quando sia provato il nesso causale tra il sinistro occorso al viaggiatore e l’attività del vettore, in esecuzione del trasporto” (Cass. 43443/2009, Cass. 4482/2009; Cass. 14068/2010).