Clausola arbitrale: è inefficace se non negoziata
Anche nelle ipotesi in cui viene in rilievo la deroga alla competenza dell’autorità giudiziaria, in favore di quella degli arbitri ex art. 33, comma 2, lettera t), del decreto legislativo n. 206/2005, al pari della deroga della competenza del foro del consumatore, la prova di tale circostanza «costituisce onere preliminare a carico del professionista che intenda avvalersi della clausola», ponendosi l’esistenza della trattativa come un antecedente logico rispetto alla dimostrazione della natura non vessatoria di siffatta clausola. A confermarlo è la Cassazione con ordinanza 31 dicembre 2021, n. 42091.
IL CASO
La Suprema Corte ha ritenuto fondato il primo motivo, con il quale la società ricorrente deduceva che la Corte di appello e il Collegio arbitrale non avessero considerato la trattativa individuale che vi era stata sulla clausola compromissoria con i signori M..
Invero, secondo la giurisprudenza di legittimità, in tema di arbitrato tra un consumatore ed un professionista, la deroga alla competenza dell’autorità giudiziaria in favore degli arbitri, ex art. 33, comma 2, lett. t), del decreto legislativo n. 306/2005, è legittima ove venga provata l’esistenza di una specifica trattativa tra le parti, su tale circostanza, prova che incombe sul professionista che rivendichi l’efficacia della clausola aribitrale.
La Corte ha preliminarmente ricordato come, già in passato, avesse precisato che «la qualifica di consumatore di cui al D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206, art. 3 – rilevante ai fini della identificazione del soggetto legittimato a avvalersi della tutela di cui all’art. 33 del citato D.Lgs. – compete alle sole persone fisiche allorchè concludano un contratto per la soddisfazione di esigenze della vita quotidiana estranee all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente esercitata» (Cass., 12 marzo 2014, n. 5705) e che, in relazione a tali tipi di rapporti, «i/ foro del consumatore, sebbene esclusivo, è di natura derogabile, in forza di quanto previsto dall’art. 33, comma 2, lettera u), del d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206».
Tuttavia, anche nelle ipotesi in cui viene in rilievo la deroga alla competenza dell’autorità giudiziaria, in favore di quella degli arbitri ex art. 33, comma 2, lettera t), del decreto legislativo n. 206/2005, al pari della deroga della competenza del foro del consumatore, la prova di tale circostanza «costituisce onere preliminare a carico del professionista che intenda avvalersi della clausola, ponendosi l’esistenza della trattativa come un antecedente logico rispetto alla dimostrazione della natura non vessatoria di siffatta clausola» (Cass. 13 febbraio 2017, n. 3744, citata).
LA DECISIONE
Nel caso in esame la SC ha cassato la decisione della Corte di appello «per avere riconosciuto sostanzialmente la natura vessatoria della clausola e conseguentemente la sua nullità, con difetto di competenza del collegio arbitrale, senza dapprima avere valutato la fondatezza del rilievo difensivo sull’esistenza di una specifica trattativa tra le parti, dedotto dalla società ricorrente che intendeva avvalersi della clausola arbitrale di deroga, ponendosi l’esistenza della trattativa come un precedente logico rispetto alla dimostrazione della natura vessatoria o meno di siffatta clausola».
La Corte ha quindi ritenuto che il giudice di secondo grado non avesse correttamente applicato la norma di cui all’art. 33 del decreto legislativo n. 306/2005, ai fini della sussistenza o esclusione della competenza arbitrale, non avendo valutato, al di là della qualità di professionista e consumatore delle parti, anche l’esistenza di una trattativa individuale, dedotta dalla società appellante, avente ad oggetto la clausola compromissoria.
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