Chiusura forzata del negozio; il Giudice liquida il danno in via equitativa
Con l’ordinanza 3.11.2021, n. 31251 la Corte di Cassazione ha ritenuto che i danni derivanti dalla perdita del guadagno di un’attività commerciale evidenzino, per loro stessa natura, l’oggettiva impossibilità di una precisa dimostrazione. Pur tuttavia, il danneggiato è tenuto a fornire elementi, di natura contabile o fiscale, con riguardo, indicativamente, alla consistenza ed alla redditività dell’esercizio commerciale, al fatturato e agli utili realizzati negli anni precedenti, all’incidenza del pagamento del canone e degli oneri connessi alla locazione.
IL CASO
Una società che gestiva un’attività commerciale, sita al pian terreno di un condomino, agiva in giudizio per ottenere il ristoro dei danni causati dalla fuoriuscita di liquami fognari. La rottura di una condotta di scarico del condominio, situata sotto al pavimento dei locali aziendali, aveva infatti causato danni alla merce che si trovava all’interno del negozio. Ciò determinava la chiusura forzata del locale per cinque mesi, periodo necessario a provvedere alla riparazione del guasto, con consegunete sospensione dell’attività di vendita, poi definitivamente cessata.
Il Tribunale rigettava la domanda con sentenza poi confermata dalla Corte d’Appello, la quale escludeva la rilevanza della documentazione prodotta dall’attrice (contratto di locazione, fotografie dei luoghi, elenco delle fatture della merce acquistata, perizia tecnica) e respingeva la richiesta di consulenza tecnica d’ufficio, ritenendola meramente esplorativa.
Seguiva il ricorso per cassazione della società danneggiata, che, per quanto qui di interesse, impugnava la sentenza d’appello contestando la violazione e falsa applicazione dell’art. 1226 c.c.; la Corte d’Appello avrebbe errato nel ritenere che il danno lamentato andava provato nel suo preciso ammontare, perchè non poteva essere liquidato in via equitativa.
LA DECISIONE
La Suprema Corte, seppur rigettando il ricorso, ha osservato che, il giudice può procedere alla liquidazione del danno anche in via equitativa, in forza del potere conferitogli dagli artt. 1226 e 2056 c.c.. Tuttavia, la cosiddetta “equità giudiziale correttiva ed integrativa” rimane subordinata alla condizione che risulti obiettivamente impossibile o particolarmente difficile, per la parte interessata, provare il danno nel suo preciso ammontare.
Ora, i danni derivanti dalla perdita del guadagno di un’attività commerciale, (ha ritenuto la Corte) evidenziano, per loro stessa natura, la pratica impossibilità di una precisa dimostrazione.
Ciò nonostante, spetta all’attore l’onere di fornire elementi, di natura contabile o fiscale, con riguardo, indicativamente, alla consistenza ed alla redditività dell’esercizio commerciale, al fatturato e agli utili realizzati negli anni precedenti, all’incidenza del pagamento del canone e degli oneri connessi alla locazione. Invero, precisa la Corte, “l’esercizio del potere discrezionale di liquidare il danno in via equitativa, conferito al giudice dagli artt. 1226 e 2056 c.c., non esime la parte interessata dall’onere di dimostrare non solo l'”an debeatur” del diritto al risarcimento, ove sia stato contestato o non debba ritenersi “in re ipsa”, ma anche ogni elemento di fatto utile alla quantificazione del danno e di cui, nonostante la riconosciuta difficoltà, possa ragionevolmente disporre”.
Categorie
- Approfondimenti (155)