Il lavoratore somministrato da una ditta di lavoro interinale, causa un maldestro sinistro stradale e cagiona consistenti danni all’automezzo di proprietà della impresa utilizzatrice. Quest’ultima fa causa alla ditta che aveva somministrato il lavoratore per ottenere il risarcimento dei danni cagionati dal lavoratore.

L’articolo 2049 c.c. prevede la responsabilità del datore di lavoro per il fatto illecito cagionato dal dipendente e, poiché il datore di lavoro dell’interinale è notoriamente la ditta che lo invia all’azienda utilizzatrice, quest’ultima giustifica la propria istanza di ristoro richiamando tale circostanza.

La somministrazione di lavoro (disciplina: artt. 20 e ss. D.lgs 276/2003 ora sostituita dagli artt. 30 e ss. D.lgs. 81/2015) è uno strumento che viene incontro alle esigenze di flessibilità del mercato del lavoro e consente all’impresa che, per varie ragioni, abbia un temporaneo fabbisogno di risorse lavorative ulteriori rispetto ai propri dipendenti (lavori stagionali o flussi della produzione fisiologicamente non uniformi) di utilizzare i lavoratori dipendenti dell’agenzia di somministrazione autorizzata (ai sensi del decreto legislativo 276 del 2003).

Per tutta la durata della missione, i lavoratori somministrati, benché assunti dall’agenzia, svolgono dunque la propria attività nell’interesse e sotto la direzione e il controllo dell’utilizzatore (è la definizione della somministrazione di lavoro data dall’art. 30 D.lgs. 81/2015).

La questione giuridica peculiare sulla quale si è pronunciata la Cassazione con l’ordinanza 6 dicembre 2019, n. 31889 verte sul “buco legislativo” relativo ai danni commessi dal lavoratore somministrato alla stessa impresa utilizzatrice in quanto la normativa nulla dice al riguardo.

L’ordinanza della Cassazione affronta questa tematica non espressamente normata ed è interessante perché nel risolvere questa particolare questione dà una lettura del lavoro interinale e dei principi generali che lo governano che vanno nella direzione di garantire al lavoratore somministrato quel diritto ad avere le stesse condizioni economiche e normative dei dipendenti di pari livello dell’utilizzatore (art. 35 D. lgs. 81/2015 cit) che altrimenti resterebbe inattuato.

Nella vicenda esaminata dalla nostra ordinanza della Cassazione, in assenza di una espressa disposizione normativa sulle responsabilità risarcitorie derivanti dai danni commessi dal lavoratore somministrato alla stessa impresa utilizzatrice, l’utilizzatrice danneggiata ha invocato l’applicazione dell’art. 2049 c.c. nei confronti della somministratrice in qualità di datore di lavoro “formale” , quale norma generale del nostro ordinamento che individua appunto in capo al datore di lavoro la responsabilità risarcitoria derivante dal fatto illecito dal medesimo compiuto nell’esercizio delle sue incombenze lavorative.

Questa tesi è stata tuttavia respinta dalla Cassazione che ha affermato che anche in tale ipotesi – danni subiti non da terzi ma dallo stesso utilizzatore – l’agenzia di lavoro interinale non risponde in quanto ciò che caratterizza il lavoro interinale è proprio la concreta gestione direzionale dell’utilizzatore.

Sostenere una responsabilità di chi lo ha invece inviato in missione equivarrebbe ad esternare l’attività del lavoratore dalle struttura dell’utilizzatore. Ma in tal modo l’istituto della somministrazione che, come detto, ha il suo epicentro nel fatto che, nell’interesse dello stesso utilizzatore, l’attività lavorativa del lavoratore somministrato si svolge esclusivamente nell’ambito della sua struttura organizzativa e sotto le direttive ed i controlli di quest’ultima, ne uscirebbe distorto.

L’ordinanza della Cassazione in esame costituisce un interessante punto di approdo anche per i non addetti ai lavori del mercato della somministrazione di lavoro in quanto a livello più generale conferma – nell’affermare che “datore di lavoro” ai sensi dell’art. 2049 c.c. non è chi assume formalmente il lavoratore ma chi assume nei confronti del lavoratore il potere/dovere di dirigerne e controllarne l’attività lavorativa e, pertanto, nella somministrazione di lavoro, l’utilizzatore – un indirizzo interpretativo della responsabilità extracontrattuale per il fatto illecito dei propri collaboratori (è la responsabilità prevista dall’art. 2049 c.c.) favorevole ad una concezione di datore di lavoro non ancorata appunto al dato formale ma sostanziale.

Questo indirizzo interpretativo afferma che la responsabilità ai sensi dell’art. 2049 c.c. non si fonda cioè sulla formale dipendenza bensì dall’inserimento del soggetto che compie il fatto illecito nell’attività d’impresa posta in essere da colui che si avvale della sua collaborazione a prescindere dalla sussistenza o non di un formale rapporto di lavoro.