In tema di agevolazione prima casa, ai fini dell’imposta di registro, la decadenza a seguito dell’alienazione infraquinquennale dell’immobile è esclusa solo in caso di successivo acquisto, entro un anno dall’alienazione, di un altro immobile adibito ad abitazione principale.

Decade dal beneficio, quindi, l’acquirente che non adibisca ad abitazione principale l’immobile acquistato, stabilendovi la residenza, a nulla rilevando la circostanza che in quel Comune egli svolga la propria attività.

Ciò in quanto le condizioni che evitano la decadenza dall’agevolazione in caso di vendita prima della scadenza del termine di cinque anni dall’acquisto sono autonome e distinte da quelle previste per la concessione del beneficio.

Questo il principio contenuto nell’Ordinanza della Corte di Cassazione n. 18939 del 5 luglio 2021.

IL CASO
In data 20 giugno 2005 una contribuente aveva acquistato un immobile, usufruendo del beneficio “prima casa”. Prima del decorso dei cinque anni, precisamente in data 26 aprile 2006, egli aveva venduto tale immobile, procedendo, poco dopo, all’acquisto di un altro immobile, sito in un comune diverso, per cui usufruiva nuovamente del beneficio “prima casa”, per effetto della dichiarazione di voler trasferire ivi la propria residenza.

Tuttavia, tale trasferimento non veniva mai effettuato dalla contribuente, che aveva continuato soltanto a svolgere la propria attività lavorativa nel comune in cui si trovava l’immobile da ultimo acquistato.

L’Agenzia delle Entrate notificava alla contribuente un avviso di liquidazione ai fini dell’imposta di registro, contestando la decadenza dall’agevolazione “prima casa”, per avere la stessa ceduto il bene acquistato prima della scadenza del termine di cinque anni successivi all’acquisto medesimo, senza aver adibito ad abitazione principale l’immobile acquistato entro l’anno successivo la vendita del primo.

A seguito di impugnazione, la CTR riteneva legittimo il beneficio fiscale, poiché l’acquisto effettuato dopo la rivendita infraquinquennale aveva comunque riguardato un bene posto nel comune in cui la beneficiaria svolgeva la propria attività lavorativa.

Avverso la sentenza di appello, l’Agenzia delle Entrate proponeva ricorso per cassazione, lamentando la violazione o falsa applicazione delle disposizioni contenute nel D.P.R. n. 131 del 1986.

LA DECISIONE
In linea di principio, in tema di agevolazione “prima casa”, l’art. 1, nota II bis, della Tariffa, Parte Prima, allegata al D.P.R. n. 131 del 1986 stabilisce, tra le altre condizioni, che l’aliquota agevolata dell’imposta di registro si applica, purché l’immobile sia ubicato nel territorio del comune in cui l’acquirente ha o stabilisca entro diciotto mesi dall’acquisto la propria residenza o, se diverso, in quello in cui l’acquirente svolge la propria attività.

La dichiarazione di voler stabilire la residenza nel comune ove è ubicato l’immobile acquistato deve essere resa, a pena di decadenza, dall’acquirente nell’atto di acquisto.

Inoltre, se prima del decorso del termine di cinque anni dalla data dell’acquisto, l’acquirente venda l’immobile agevolato, egli non decade dal beneficio sull’immobile riacquistato solo se, entro un anno dall’alienazione dell’immobile, acquistato con i benefici, “proceda all’acquisto di altro immobile da adibire a propria abitazione principale”.

Sulla base del dato letterale, la Corte ha rilevato che la decadenza dal beneficio “prima casa”, conseguente all’alienazione dell’immobile prima della scadenza del termine di legge, pari a cinque anni dall’acquisto, si evita solo alle condizioni, concorrenti, che intervenga l’acquisto di un altro immobile entro un anno dall’alienazione e che tale immobile sia acquistato per essere adibito ad abitazione principale del contribuente.

La norma, quindi, individua le regole impeditive della decadenza in maniera autonoma e distinta da quelle previste per poter accedere al beneficio stesso.

Sul punto la Corte di legittimità ha affermato che la differenza di disciplina trova giustificazione “nell’intenzione del legislatore di favorire l’acquisto della casa di proprietà, tutelato anche a livello costituzionale (art. 47, comma 2, Cost.), anche a coloro i quali siano costretti a ripetuti trasferimenti di residenza, per le contingenti necessità della vita e, al contempo, di evitare che l’agevolazione possa assecondare intenti speculativi, mediante la concessione del beneficio fiscale ad acquisti, rivendite e successivi acquisti, di fatto sganciati dalla soddisfazione di esigenze abitative (cfr. Cass. Sez. 5, n. 17148 del 28 giugno 2018), così rimarcando che, ai fini della rilevanza del nuovo acquisto effettuato nell’anno successivo alla rivendita infraquinquennale (sul piano della conservazione delle agevolazioni già godute), deve sussistere il requisito della destinazione del nuovo immobile ad abitazione principale, senza che sia sufficiente neppure l’intenzione di detta destinazione, come invece consentito dall’art. 1, nota II bis, comma 1, lett a), della Tariffa, Parte Prima, allegata al d.P.R. n. 131 del 1986”.

In applicazione di tale principio, la Corte di Cassazione, nel caso di specie, ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, dichiarando il contribuente decaduto dal diritto di poter usufruire del beneficio fiscale, non avendo egli adibito ad abitazione principale l’immobile riacquistato, a nulla rilevando che nel comune in cui si trovava l’immobile da ultimo acquistato, questi svolgesse la propria attività lavorativa.

La Suprema Corte ha quindi pronunciato il seguente principio di diritto “in tema di agevolazioni fiscali per l’acquisto della prima casa, la decadenza dal beneficio a seguito dell’alienazione infraquinquennale dell’immobile è esclusa solo in caso di successivo acquisto, entro un anno dall’alienazione, di un altro immobile adibito ad abitazione principale, senza che assuma alcun rilievo la circostanza che, nel comune in cui quest’immobile è ubicato, l’acquirente eserciti la propria attività lavorativa, perché tale evenienza è considerata dall’art. 1, nota II bis, della Tariffa, Parte Prima, allegata al d.P.R. n. 131 del 1986 solo per la concessione del beneficio, e non anche per impedirne la decadenza, in base a disposizioni che, riguardando agevolazioni, devono essere di stretta interpretazione”.