Auto immatricolata all’estero: con la  sentenza n. 113 del 06.06.2023 la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale – in riferimento all’art. 77, comma 2, Cost. – dell’art. 93, commi 1-bis e 7-bis, del Codice dellla Strada, nella parte in cui ha previsto il divieto, per chi abbia stabilito la residenza in Italia da oltre 60 giorni, di circolare con un veicolo immatricolato all’estero.

Ciò in quanto le norme inserite in sede di conversione difettano del “requisito di omogeneità” con le finalità perseguite dal D.L. di sicurezza pubblica. La corte rileva che esse risultano infatti orientate a contrastare la prassi della esterovestizione dei veicoli (auto), consistente nella sottrazione agli adempimenti di natura fiscale, tributaria e amministrativa – gravanti sui proprietari di veicoli – al fine di ottenere vantaggi indebiti quali l’evasione di tributi e pedaggi, la non assoggettabilità a sanzioni e la fruizione di premi assicurativi più vantaggiosi.

Auto immatricolata all’estero – LA NORMA

Per quanto qui di interesse, il comma 1-bis dell’art. 93 Codice della Strada (D.lgs. 285/1992), inserito dall’ art. 29-bis, comma 1, lett. a), n. 1),  D.L. n. 113/2018 in sede di conversione, stabilisce che, salvo quanto previsto dal comma 1-ter, è vietato, a chi ha stabilito la  residenza in Italia da oltre 60 giorni, circolare con un veicolo immatricolato all’estero. Il divieto in parola è punito, secondo quanto prescrive il comma 7-bis dell’ art. 93 cod. strada, anch’esso inserito dal citato art. 29-bis, comma 1,  lett. a), n. 2), con una sanzione pecuniaria da euro 711 a euro 2.842, unitamente al sequestro del veicolo e alla confisca del medesimo nel caso in cui, entro sei mesi, il proprietario non provveda a immatricolare il veicolo in Italia o a condurlo all’estero tramite il foglio di via.

L’unica eccezione a tale obbligo di immatricolazione è prevista nel comma 1-ter del medesimo  art. 93 Codice della Strada, con riguardo al veicolo concesso in leasing o in locazione senza conducente da parte di un’impresa costituita in un altro Stato membro dell’Unione europea o dello Spazio economico europeo che non ha stabilito in Italia una sede secondaria o altra sede effettiva,  nonché nell’ipotesi di veicolo concesso in comodato a un soggetto residente in Italia e legato da un rapporto di lavoro o di collaborazione con un’impresa costituita in un altro Stato membro dell’Unione europea o aderente allo Spazio economico europeo che non ha stabilito in Italia una sede secondaria od altra sede effettiva.

Auto immatricolata all’estero – LA DECISIONE

Nel merito, il Giudice delle leggi ha evidenziato che, alla luce della palese estraneità delle disposizioni censurate agli ambiti e alle finalità del D.L. n. 113/2018, esse si presentano come norme “intruse”, con riguardo tanto all’oggetto della disciplina, quanto alla ratio complessiva del provvedimento di urgenza, quanto, infine, all’esigenza di coordinamento rispetto alle materie “occupate” dall’atto di decretazione.

Secondo la Corte, avendo ricondotto il divieto di circolazione al requisito della residenza, di per sé non indicativo di alcuna connessione con finalità di sicurezza pubblica, le disposizioni censurate si rivelano effettivamente indirizzate a contrastare la prassi della cosiddetta esterovestizione dei veicoli, consistente nella sottrazione agli adempimenti di natura fiscale, tributaria e amministrativa gravanti sui proprietari di veicoli al fine di ottenere vantaggi indebiti quali l’evasione di tributi e pedaggi, la non assoggettabilità a sanzioni e la fruizione di premi assicurativi più vantaggiosi.

Che sia questa, e non altra, la ratio della previsione censurata si desume anche dal regime contenuto nel richiamato art. 93, comma 1-ter, cod. strada, che subordina la liceità della circolazione di veicoli con targa estera, per i residenti da più di sessanta giorni in Italia, all’esibizione di documenti attestanti la sussistenza di un contratto di leasing, locazione o comodato con una società situata in altro Stato membro dell’Unione europea o dello Spazio economico europeo. Si tratta, come è evidente, di requisiti e condizioni che rinvengono la loro unica ragione giustificativa in finalità che nulla hanno a che fare con la sicurezza pubblica e, tanto meno, con la repressione della criminalità, e di quella mafiosa in particolare, rivelandosi funzionali unicamente ad attestare la veridicità dell’intestazione del veicolo a soggetti aventi sede al di fuori dei confini nazionali, così da evitare il conseguimento degli indebiti vantaggi che si ottengono ricorrendo alla prassi di intestazioni di natura fittizia. (Corte Cost. 113/2023)