Lavoro e COVID-19
La graduale riapertura delle fabbriche (ma non solo) porta inevitabilmente a interrogarsi su quali siano le conseguenze nel caso in cui si contragga il virus sul posto di lavoro.
Se il COVID-19 viene contratto in azienda, l’art. 42 del decreto “Cura Italia” (D.L.17.03.2020, n. 18 covertito in L. 22.04.2020, n. 27) fa rientrare tale patologia nell’ipotesi di infortunio sul lavoro, coperto dall’INAIL.
Tale novità, oltre a comportare l’erogazione delle prestazioni assistenziali anche per il periodo di quarantena o di permanenza fiduciaria dell’infortunato, permette di estendere la tutela infortunistica anche alle ipotesi di cosiddetto “infotunio in itinere”. In altre parole, viene assicurato l’intervento dell’INAIL anche nel caso in cui il contagio avvenga durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello di lavoro.
Per quanto riguarda la prova del momento del contagio, l’istituto assicurativo ha precisato che vige la presunzione semplice di origine professionale per tutte le attività lavorative che comportino il costante contatto con il pubblico (operatori sanitari, addetti al front-office, addetti alla cassa, etc.). Diversamente, per le altre attività, non si applica tale principio e pertanto il nesso di causalità “lavoro => contagio” dovà essere supportato da un accertamento medico legale, condotto in base ad analisi epidemiologiche, cliniche, anamnestiche ed altre evidenze circostanziali.
Sotto altro profilo, è di tutta evidenza che il datore di lavoro, in base alle nuove disposizioni, è ora esposto al rischio di ulteriore responsabilità sia civile che penale.
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