Nelle trattative immobiliari spesso interviene un’agenzia immobiliare, la quale, nel mettere in contatto le parti, assume precisi obblighi nei loro confronti.

In linea di principio, il mediatore, ai sensi dell’art. 1759 c.c., “deve comunicare alle parti le circostanze a lui note, relative alla sicurezza dell’affare, che possono influire sulla conclusione di esso“.

Sorge quindi spontaneo domandarsi quali possano essere le conseguenze qualora il professionista risulti inadempiente a tale obbligazione primaria ed essenziale.

In particolare potrebbe sorgere l’interesse di capire cosa possa accadere se l’immobile oggetto di trattativa risultasse ipotecato o se su di esso venisse riscontrata l’esistenza di una irregolarità urbanistica, non ancora sanata o qualche altra circostanza pregiudizievole.

Sulla scorta dell’orientamento giurisprudenziale più recente, sembra potersi serenamente sostenere che il mediatore debba ritenersi responsabile del danno causato al cliente per non averlo informato (seppur in difetto di uno specifico incarico in tal senso) di fatti che il professionista, in quanto tale, non poteva ignorare, tenuto anche conto degli strumenti tecnici di cui egli doveva disporre.

Il mediatore deve infatti dotarsi degli strumenti idonei a condurre autonomamente le indagini del caso al fine di non pregiudicare gli interessi delle parti. Un tanto è stato recentemente confermato dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 764 del 16.01.2020, con la quale ha ribadito che il professionista è “gravato, in positivo, dall’obbligo di comunicare le circostanze a lui note o comunque conoscibili con la comune diligenza che è richiesta in relazione al tipo di prestazione, nonchè, in negativo, dal divieto di fornire non solo informazioni non veritiere, ma anche informazioni su fatti dei quali non abbia consapevolezza e che non abbia controllato, poichè il dovere di correttezza e quello di diligenza gli imporrebbero in tal caso di astenersi dal darle“.

La Suprema Corte ha poi concluso che le suindicate omissioni legittimano “il rifiuto del promissario acquirente di corrispondere la provvigione” salvo il maggior danno patito dal cliente, sul presupposto che l’inadempimento non sia da ritenersi di scarsa importanza, ai sensi dell’art. 1455 c.c..